Cultura

Clochard. Viaggio nell’accoglienza che funziona dove il freddo non è un’emergenza

Per evitare le morti delle ultime settimane non servono miracoli. Ma servizi in grado di offrire risposte reali. Come in questi quattro casi.

di Daniele Biella

Ormai per tutti è emergenza freddo. Un?etichetta con cui ogni inverno si bolla chi di freddo per strada ci muore. Quest?anno è già successo nel giro di poche settimane a Trieste, Firenze, Roma e Bari. Probabilmente accadrà ancora. Eppure non è detto che la stagione rigida debba per forza condannare alla pena capitale i clochard. I paracadute ci sono. Come dimostra questo viaggio lungo lo Stivale alla ricerca delle best practice al servizio dei ?barboni?.
Milano. Dare una dimora a chi è senza fissa dimora. La ricetta del Sam – Servizio accoglienza milanese sta tutta qui. Un?ovvietà che per strada diventa una rivoluzione. «La chiave è la residenza, solo a chi ce l?ha vengono garantiti i diritti di cittadinanza, assistenza, cure e istruzione», spiega Raffaele Gnocchi, responsabile dell?area Grave emarginazione della Caritas ambrosiana. Oggi 450 persone hanno la residenza in via Bergamini 10, l?indirizzo della sede del Sam.
Bologna. Il capoluogo emiliano rappresenta il caso-scuola della messa in rete dei servizi. Il perno del sistema in questo caso è il Comune, ma sul territorio i protagonisti sono le associazioni. «Cinque dormitori per 313 posti che diventano 50 in più con il piano antifreddo, cinque appartamenti per 30 persone in reinserimento, due centri diurni e un?unità di strada, tutti dati in gestione a enti del privato sociale», spiega Gisberto Cornia. «A Bologna se uno vuole un letto caldo lo trova sempre. Lo dimostrano i dati: il 10% dei posti letto rimane vuoto, e il pericolo di morte in strada è scongiurato grazie a un pronto intervento attivo 24 ore». Pochi i requisiti richiesti: «Basta un ?minimo di regolarità? nei documenti».
Bari. Non sempre però i senza tetto hanno la lucidità di cercare un rifugio. E allora non rimane che andarli a cercare. «Spesso queste persone non hanno nemmeno la forza di chiedere aiuto, così siamo noi ad attivarci», interviene Gaetano De Bari che con la cooperativa sociale Caps gestisce un centro diurno e due case di accoglienza. In città il 60% dei clochard è straniero. Caps ogni giorno ne accoglie 55 in casa e un centinaio nel Centro. A tutti viene offerto anche un piano di reiserimento.
Catania. In Sicilia la formula vincente si chiama inserimento lavorativo. Padre Valerio De Trapani lavora all?Help center della Caritas locale, che conta 2mila contatti l?anno (63% donne e 90% stranieri) e coordina tre dormitori, un centro diurno e un pronto soccorso sociale. «Il nostro primo obiettivo», spiega, «è quello di rendere autonome queste persone». Come? «Ci attiviamo per trovare un?occupazione ai nostri ospiti. Le donne, per esempio, cerchiamo di formarle come badanti, dopo di che siamo noi stessi ad offrire le referenze ai datori di lavoro».

Senza numeri

Quanti sono i senza fissa dimora in Italia? Oggi nessuno lo sa (le statistiche ufficiali parlano di 17mila persone, ma l'ultimo censimento risale al 2000). Per colmare la falla Istat, Fiopsd, Caritas e commissione Povertà – recentemente istituita presso il ministero della Solidarietà sociale – nelle prossime settimane avvieranno una ricerca con nuovi metodi statistici. Che sono, però, ancora da mettere a punto.

Per approfondimenti: <a href="http://www.fiopsd.org" target="_blank">FIO.pds</a>

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